SULLA PORTATA DELL'IMPALCATO PRINCIPALE DEL PONTE FLÜGELWEG DI DRESDA

Il ponte Flügelweg di Dresda fu costruito nel 1930 ed era allora in Europa uno dei più grandi ponti a cassone in parete piena con giunzioni chiodate. Verifiche numeriche più recenti sul ponte hanno indicato coefficienti di sicurezza bassi relativamente all'instabilità dell'equilibrio nei pannelli d'anima delle travi principali. Il dimensionamento originale era stato basato su un modello a campo di tensione.

Per la valutazione più precisa degli aspetti legati alla stabilità dell'equilibrio, relativamente all'utilizzabilità del ponte per il periodo che precede la sua ricostruzione, è stata svolta un'analisi con modello non-lineare agli elementi finiti, qui descritta in dettaglio, in cui il carico limite è determinato tenendo in conto sia la predeformazione che le ridistribuzioni plastiche.

Il calcolo conferma la formulazione del campo di tensioni, portando alla determinazione del valore del carico limite post-critico. Sulla base dello studio è stato possibile consentire un utilizzo limitato nel tempo del ponte senza restrizioni di carico.

1 Premesse

Il ponte Flügelweg (detto anche Kaditzer) è uno dei cinque ponti stradali che dall'interno del territorio della città di Dresda traversano il fiume Elba. Esso rappresenta una delle vie principali per il traffico della città, poiché serve anche a deviare dalla zona interna del territorio cittadino il traffico tra Berlino e Praga. Fu costruito negli anni 1929/1930 ed era allora in Europa uno dei più grandi ponti a cassone in parete piena con giunzioni chiodate, costituendo una pietra miliare nella costruzione dei ponti in acciaio. Il ponte è a quattro campate ed ha una lunghezza complessiva di 285m. Delle quattro campate due sono in alveo, per una lunghezza complessiva di 115m.

La città di Dresda, oltre alla costruzione ex novo del ponte Waldschlößchen , sta pianificando la sostituzione del ponte Flügelweg: occorre per questo dare innanzitutto risposta alla domanda se esso sia percorribile senza limitazioni fino alla realizzazione della nuova opera. Attualmente il ponte è posto in classe 30/30, ed una riduzione del carico utile ammesso avrebbe conseguenze gravose per l` intero traffico stradale interno alla città di Dresda.

E` noto da tempo, in realtà, dalla ripetizione dei calcoli eseguiti per alcune parti della trave principale di impalcato che i coefficienti di sicurezza rispetto alla stabilità dell`equilibrio sono insufficienti sia rispetto alle norme TGL 13500/2 attualmente utilizzate [1], ed alle linee guida DASt 012 [2], che rispetto alle norme DIN 18800-3 [3] attualmente in vigore. Nasce pertanto la domanda se sia necessaria una limitazione dell`utilizzo.

Sebbene i coefficienti di sicurezza di calcolo rispetto ai carichi convenzionali di progetto siano inferiori ad 1, non è stato ad oggi riscontrato nessun danno (che confermerebbe un sottodimensionamento della trave portante) anche in presenza di traffico intenso e, in definitiva, il ponte esiste da ormai quasi 70 anni.

Una ragione per questa discrepanza tra il coefficiente di sicurezza determinato a norma, e la buona prova data invece dalla struttura reale potrebbe risiedere – tra l`altro – nel modo in cui la normativa utilizza la teoria lineare dell` instabilità dell`equilibrio. In Germania, Rode aveva proposto già nel 1916 di accertare lo sforzo di taglio limite di una trave con impalcato sottile attraverso un modello di comportamento equivalente a quello di trave reticolare [4], [6]. Nelle costruzioni aeronautiche, dove già in precedenza venivano utilizzate condizioni operative in fase postcritica, Wagner aveva proposto nel 1929 il cosiddetto campo di tensioni completo. In modello di Wagner per il dimensionamento in fase post-critica era però in anticipo rispetto ai tempi, e fu quindi contrastato.

Nei calcoli statici originari la trave principale dell`impalcato fu dimensionata secondo questo modello del campo di tensioni, le cui particolarità non possono però essere, oggi, condivise in senso stretto. Infatti per la determinazione della portata rispetto allo sforzo di taglio fu presa in conto la resistenza della diagonale equivalente che si forma nell`anima in fase post-critica, accettando però per i correnti il dimensionamento corrispondente al valore delle tensioni longitudinali dovute alla flessione. I momenti non furono dunque né assegnati, ad esclusione dei correnti, come dovrebbe essere in conformità ad un modello completo a traliccio reticolare equivalente, né diversamente considerati, utilizzando, in definitiva, un modello inconsistente.

Negli ultimi anni il modello del campo di tensioni è stato sviluppato ulteriormente, ad esempio grazie a Basler e Rockey, di pari passo con la sua correzione su base sperimentale [7]. Anche in questo caso è caratteristico il fatto che si trascurino determinate contraddizioni del modello, come ad esempio la violazione della condizione di equilibrio e di congruenza, per mantenere il modello intuitivo dal punto di vista ingegneristico [6]. Il cosidetto “modello Cardiff“ fu inserito nella norma provvisoria dell`Eurocodice 3 [9] e nella linea guida DASt 015 [10]. Il modello è stato completato per l`utilizzo in altri casi, ad esempio per il dimensionamento di impalcati con fori. La condizione preliminare per l`utilizzo di tali modelli è sempre la consapevolezza del campo di applicabilità: può risultare indispensabile la correzione sostenuta da indagini sperimentali, od appoggiata all`impiego di modelli agli elementi finiti.

Per stabilire se sia possibile rinunciare alla limitazione del traffico sul ponte Flügelweg, sono state condotte alcune ricerche, a partire dalla primavera del 1999 [11]. L'utilizzo del solo modello a campo di tensioni citato era escluso, poiché, tra l'altro, le parti dell'impalcato maggiormente sollecitate vicino agli irrigidimenti si trovano presso l'appoggio centrale (Figura 1). Sono state pertanto condotte delle analisi con il metodo degli elementi finiti, delle quali si da descrizione nel seguito.

2 Impostazione del lavoro

L'obiettivo principale dello studio è stata la determinazione del limite di carico per i pannelli d'anima della trave principale in prossimità dell'appoggio centrale, per i quali i calcoli svolti in precedenza segnalavano margini di sicurezza insufficienti rispetto alla stabilità dell'equilibrio.

A questo scopo il tratto critico della trave principale è stato analizzato tramite un modello agli elementi finiti di dettaglio, che tenesse in conto il vincolo effettivo offerto ai pannelli d'anima dalle piattabande e dagli irrigidimenti, e potesse simulare la ridistribuzione delle tensioni in fase post-critica, nonché l'effetto delle predeformazioni rilevate sulla costruzione. In analogia ai calcoli di secondo ordine indicati dalla normativa DIN 18800-2 per componenti strutturali a rischio di instabilità riconducibili a travi, è stata applicata al modello utilizzato nel calcolo una predeformazione affine alla prima forma modale. Tenendo in conto gli effettivi spostamenti ai nodi progressivamente maturati, e l'evoluzione dello stato di tensione al crescere del carico, si procede incrementando quest'ultimo sino a collasso per plasticità.

Piu' precisamente, per svolgere l'analisi è stato impiegato un modello agli elementi finiti relativo ad un tratto di trave, trattato con formulazione non-lineare sia per materiale che per geometria. Si possono così valutare in maniera realistica le ridistribuzioni di tensione in fase post-critica, e determinare, in definitiva, il moltiplicatore del carico di collasso.

3 Il codice di calcolo

Ai giorni nostri è usuale l'utilizzo nel campo delle costruzioni di programmi basati sul metodo degli elementi finiti. Sono numerosi i programmi disponibili per applicazioni dedicate, quali ad esempio il dimensionamento di coperture e di lastre di pavimentazione. Solo alcuni codici sono però in grado di affrontare i problemi della stabilità dell'equilibrio nelle varie forme in cui questi possono presentarsi. Merita citare alcuni di questi codici tra quelli più comunemente noti, quali ad esempio MSC/Nastran, Adina, Ansys, Cosmos, o Sofistik [12].

Nel caso qui riportato è stato utilizzato il programma STRAUS 6.17 [13], applicativo ad elementi finiti altrettanto diffuso. Esso tratta gli aspetti di non linearità sia geometrica che per materiale, gestisce modelli a numero virtualmente illimitato di nodi, dispone di trattazioni adeguate di elementi guscio isoparametrici a numero di nodi variabili, soddisfando quindi in pieno le esigenze dell'utilizzatore in questo settore.

Va però ricordato che le analisi svolte su modelli ad elementi finiti forniscono risultati la cui bontà dipende dalla correttezza nella scelta del modello: dalla suddivisione in elementi, dalle semplificazioni eventualmente introdotte, e dalle condizioni al contorno. Oltre a ciò, ovviamente, dalla dimensione degli elementi, dal tipo di elemento prescelto, dal numero di nodi che lo definiscono, dalla scelta delle funzioni di base e dello schema di integrazione, e da aspetti algoritmici legati allo specifico tipo di analisi che si vuole svolgere, come ad esempio, nel caso in esame, dalla modalità di risoluzione delle equazioni non-lineari, e dalla scelta e controllo del passo di incremento del carico.

Per poter quindi affermare con sicurezza che, nell'applicazione qui trattata, il programma opera correttamente e la schematizzazione adottata è adeguata, sono state preventivamente verificate altre situazioni di trave a parete sottile nervate, operando per confronto con modelli trattati con altro codice di calcolo (Adina). I risultati di questo studio comparativo sono stati pubblicati [14], [15]. A parità di schematizzazione l'accordo trovato è ottimo (differenze inferiori al 5%). Si è però riscontata – come atteso – una forte dipendenza del risultato dalla suddivisione in elementi adottata per il modello.

4 Il modello FEM

4.1 Geometrie, appoggi e carichi

Il modello (Figura 2) rappresenta un tratto di trave principale di 15m di lunghezza. Impalcati, correnti [piattabande] e irrigidimenti sono stati modellati con elementi guscio, lo spessore e la larghezza dei quali sono state scelte tra loro differenti per poter corrispondentemente trattare la sezione trasversale a giunzioni chiodate. Le sezioni trasversali composte da piatti sono state sostituite da sezioni trasversali di uguale area e rigidezza. Le sollecitazioni da applicare al modello per una condizione di carico rappresentativa (carico nominale =100%) , la quale fornisce la sollecitazione massima del segmento di trave esaminato, sono state ricavate da un modello semplificato ed applicate all'estremo destro del modello dettagliato. In questa formulazione dei carichi si è trascurato il ruolo del piano stradale, noto ed in parte confermato dalle misure ma i cui effetti di durata non sono certi.

Il posizionamento dei nodi è stato parimenti scelto così che le condizioni al contorno per il modello di dettaglio all'appoggio rispettassero nel miglior modo possibile le proporzioni del ponte. Delle due estremità, l'una è stata assunta fissa, ed il carico è stato applicato all'altra. Sono stati inoltre applicati i carichi verticali che interessano direttamente il corrente superiore. I controventi dell'impalcato sono stati schematizzati come vincoli in senso trasversale alle piattabande. E' risultato d'aiuto, per controllare la correttezza dell'assegnazione dei carichi, utilizzare la funzione del codice che permette di calcolare automaticamente la risultante delle forze rispetto all'origine del sistema di riferimento.

Per eliminare l'effetto di bordo della forza applicata al lato dx è stata introdotta una zona di transizione (due conci) per schematizzare un corretto ingresso del campo di tensioni nella zona di interesse. Per l'acciaio utilizzato tipo St 52 - il cui limite di snervamento accertato sperimentalmente corrisponde quasi esattamente al valore nominale - è stato assunto un diagramma carichi/deformazioni di tipo elastico-perfettamente plastico, dove il limite di snervamento di 32.73 kN/cm2 è stato diviso per M. Per l'applicazione passo-passo dei carichi è stata adottata la sequenza: 25%, 50%, 75%, 100%, 110%, 120%, e successivamente incremento del 2.5% per ogni passo fino al collasso del sistema.

Il collasso del sistema è segnalato dal raggiungimento di un asintoto orizzontale nella curva carico-spostamento, a segnalare che una crescita infinitesima del carico conduce ad un aumento finito della deformazione.

4.2 Dimensione degli elementi

Per determinare la corretta dimensione degli elementi sono stati analizzati quattro modelli tra loro differenti solamente per la dimensione degli elementi nella zona dove ci si attende insorgere di instabilità. Lo scopo di questa indagine preliminare è stato quello di pervenire al compromesso ottimale tra finezza del modello e tempo di calcolo. L'incremento del tempo di calcolo è, infatti, più che quadratico con il numero dei nodi, ed è inutile esasperare il dettaglio della modellazione se questo non è necessario per l'obiettivo perseguito. Va anche osservato che modelli particolarmente onerosi per numero di equazioni non richiedono solamente maggiori tempi di calcolo, ma possono risultare anche più difficili da comprendere e da controllare. Questo è vero soprattutto in applicazioni non-lineari.

Quale misura del grado di suddivisione dell'elemento è stato assunto il rapporto bE/t (cioe' il rapporto fra la dimensione minima dell'elemento e lo spessore dell'impalcato). I quattro modelli hanno di conseguenza rapporti bE/t pari a 26; 13; 6.6; 3.3.

Poiché tra il modello per cui bE/t=6.6 e quello per cui bE/t=3.3 entro il passo incrementale pari al 2.5% del carico di utilizzo non si sono evidenziate differenze nel carico limite, quale modello definitivo (con l'inclusione delle imperfezioni misurate in loco) è stato utilizzato quello per cui bE/t=6.6. Questo modello aveva complessivamente 3227 nodi, il tempo di calcolo non lineare è stato di 36 ore (con processore Pentium MMX 200MHz) e ha fornito 73MB di dati.

4.3 Difetti

La determinazione del carico limite dovrebbe avvenire tenendo in considerazione i difetti riscontrati.

Nel modello sono state introdotte imperfezioni geometriche e deformazioni presenti sia per peso proprio, che per altri effetti, quali le tolleranze di lavorazione e danni di guerra. Non sono, invece, state tenute in conto autotensioni, ritenute trascurabili dato che le giunzioni sono eseguite per chiodatura.

Dalle misure svolte direttamente risulta che la deformazione presente corrisponde solo grossolanamente alla prima forma modale di buckling (Figura 3) e comunque a nessuna delle prime forme modali successive, calcolate preventivamente con il modello ad elementi finiti messo a punto.

Per trovare il carico limite realistico `minimo' le deformazioni presenti dovrebbero contenere le componenti predominanti della prima forma modale. Per questo è stata ricavata con il modello la prima forma modale di buckling. Questa è stata poi `normalizzata' alle deformazioni misurate ed applicata al modello, nelle analisi successive, come predeformazione. La normalizzazione adottata è stata quella derivante dalla misura dello spostamento massimo nel punto di massima inflessione conformemente alla prima forma modale. Con questa funzione a due parametri sono stati spostati dal piano tutti i nodi relativi al campo dove si manifesta predominantemente l'imbozzamento, modificando, in altri termini, le coordinate dei nodi stessi. In questo modo è stata modellata una predeformazione che rispecchia la prima forma modale e presenta lo spostamento massimo coincidente con quello misurato.

4.4 Risultati

Il carico limite ottenuto numericamente ammonta al 142.5% del “carico nominale”. Risultano confermate la ridistribuzione delle tensioni da flessione nei correnti, e lo sviluppo di un tirante diagonale a seguito dell'azione di taglio sul pannello imbozzato. La figura 4 mostra il campo delle tensioni membranali nel caso di raggiungimento del carico di rottura strutturale pari al 142.5% del carico nominale.

Nella figura si distingue chiaramente il campo di tensioni (A) ampiamente plasticizzato.

Anche la piattabanda inferiore è localmente plasticizzata (B) e segnala un principio di svergolamento. L'inizio di rottura è evidente nella zona (C) di transizione tra l'anima e la piattabanda inferiore. Risulta cosi' anche sostanzialmente corretto, in linea di principio, il dimensionamento del ponte secondo il modello del campo delle tensioni.

Con il modello sono state pero' ottenute distribuzioni più precise delle tensioni elastiche in corrispondenza al carico di riferimento. Sono state possibili anche analisi ulteriori, riguardanti la resistenza in esercizio e lo stato delle zone di connessione tra anima e piattabanda inferiore.

I calcoli con modello ad elementi finiti, le analisi ulteriori, le valutazioni per la determinazione del coefficiente di sicurezza per i carichi di traffico [16] e l'assunzione di determinate ipotesi relative allo stato di corrosione hanno permesso infine una valutazione complessiva della consistenza strutturale del ponte, consentendo di concludere che per tutto il tempo che precederà la ricostruzione pianificata non sono da richiedersi limitazioni del traffico.

5 Conclusioni.

L'analisi con modello ad elementi finiti si è dimostrata essere, in questo caso, un metodo efficiente per trattare l'interazione complessa tra effetti di ridistribuzione delle tensioni per plasticità ed aspetti propri della stabilità dell'equilibrio. Essa ha però richiesto un lavoro di preparazione finalizzato sia ad estrarre la porzione di struttura rilevante per il problema analizzato – determinando l'effettivo contributo dei controventi, dell'appoggio e l'azione dei carichi – che a costruire il modello e controllarlo. Si riconferma inoltre la necessità di eseguire calcolazioni comparative e di esplorazione, per poter giudicare della validità del modello e dell'attendibilità dei risultati, rimarcando che mai un modello può essere utilizzato a scatola chiusa. L'interpretazione dei risultati presuppone poi una precisa conoscenza della struttura effettiva, ed esperienza e capacità adeguate per condurre calcoli manuali che sappiano far stimare i limiti superiore ed inferiore in cui è atteso collocarsi il risultato – eventualmente più preciso – del calcolo su modello.

Tutte le semplificazioni adottate devono essere valutate criticamente e giustificate alla luce sia della lettura dei risultati, che di calcolazioni parallele svolte per via manuale. Il contributo di porzioni strutturali non analizzate, o comunque effetti non tenuti in conto nella simulazione, devono essere poi recuperati, almeno con un processo inverso: ad esempio, nel caso in esame, si deve valutare quali possono essere le condizioni legate agli elementi di collegamento (bulloni, chiodature), che non sono stati esplicitamente messi in conto.

Va poi osservato, in generale, che i calcoli condotti su modelli non-lineari sono difficili da dominare e particolarmente dispendiosi, per cui è probabile che, anche nel prossimo futuro, siano riservati solo a qualche applicazione specialistica. Per contro essi possono essere utilizzati per rispondere, in modo elegante e preciso, ad una quantità di problemi trattati dalla scienza delle costruzioni solo relativamente a situazioni ideali di riferimento.

6 Riassunto

Si è riferito delle indagini condotto con l'ausilio di modelli ad elementi finiti relativamente alla portata della trave principale di un importante ponte stradale con giunzioni chiodate.

Gli studi sono stati notevolmente facilitati da una collaborazione fattiva con i committenti, l'ufficio delle strade e dei lavori sotterranei di Dresda, nelle persone del Dr. Ing. Sig. Grune e del Dr. Ing. Sig. Kalbe.

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Articolo originale in lingua tedesca - Autori:

Univ.-Prof. Dr.-Ing. Joachim Lindner, Beratender Ingenieur, Richard-Strauss-StraBe 27, 14193 Berlin

Dipl.-Ing. Gerhard Breitschaft, Dipl.-Ing. Frank Heyder, Ingenieurgemeinschaft Lindner, Stucke, Gietzelt GmbH, Richard-Strauss-StraBe 27, 14193 Berlin

Traduzione in lingua italiana a cura HSH srl – Padova